L’Osservatorio erpetologico salentino (OES) nasce da una ben precisa carenza, piuttosto che da alcune, pure necessarie, esigenze: la legge 27/98, infatti regolamenta, dal suo stesso titolo, la salvaguardia degli ambienti, della flora e della fauna, ma nel corpo del testo diviene più restrittiva, facendo comprendere come il legislatore avesse presente solo la fauna omeoterma (mammiferi ed uccelli) e la protezione degli ambienti fosse finalizzata alla presenza di solo quei gruppi di animali. Attualmente pare del tutto anacronistico, oltre che ecologicamente insensato, salvaguardare un ambiente in maniera incompleta e soprattutto ci si avvede bene di come ben altri indicatori biologici diano l’effettiva misura di una situazione di crisi.
L’OES cerca si sopperire almeno parzialmente a tale carenza e si propone di perseguire gli obiettivi seguenti:

Censire e monitorare le popolazioni di rettili ed anfibi nel Salento

Il primo passo per ogni azione che abbia un senso nello sviluppo economico e scientifico muove sempre da un’accurata conoscenza del territorio circostante.
L’OES ha già da tempo raccolto una notevole mole di dati sulla erpetofauna salentina, che rivelano con grande chiarezza la necessità di proseguire in tale direzione per rendere più completa la conoscenza della distribuzione delle specie di rettili ed anfibi in provincia di Lecce e nel Salento. In particolare, bisogna definire con estrema chiarezza l’areale di specie rarissime come la Coronella austriaca, la luscengola, il geco di Kotschy, il tritone italico e il tritone crestato; controllare lo stato di salute delle specie a rischio incluse negli allegati della direttiva Habitat o della CITES (per es. Testudo hermanni, Emys orbicularis,Elaphe situla ecc.); collaborare con il TEC per disegnare una mappa dei siti di nidificazione della Caretta caretta e suggerire ricerche biogeografiche. Il tutto deve essere messo a disposizione degli enti e dei cittadini che vogliano conoscere o intervenire a favore della erpetofauna salentina.

Prospettare ed attuare interventi di salvaguardia delle specie in pericolo e dei loro ambienti

Grazie alle ricerche cui si è accennato, l’OES sarà in grado di programmare azioni di conservazione per quelle specie o quelle popolazioni che potrebbero subire gravi danni se non rapidamente protette, così come sarà obbligato a pianificare progetti di ripristino ambientale, riproduzione in cattività e salvaguardia rigorosa per quelle specie così fortemente danneggiate da rischiare l’estinzione locale. Le azioni devono essere proposte agli organi competenti affinché attuino le strategie che riterranno più idonee.

Attuare programmi di riproduzione di specie a rischio con il fine di integrare le popolazioni selvatiche

In accordo con gli enti preposti alla tutela, l’OES seguirà l’allevamento in cattività di esemplari selvatici scelti tra quelli che difficilmente potrebbero condurre una vita selvatica (per es. esemplari con forti menomazioni fisiche), al fine di riprodurli, allevare i piccoli fino all’età in cui potrebbero essere introdotti in ambiente naturale, per procedere infine al marcaggio e al rilascio. Il ripopolamento è considerato un tentativo estremo, ma necessario laddove la popolazione selvatica sia talmente ridotta da non essere più in grado autonomamente di espandersi. Estrema cautela va posta nella scelta dei riproduttori per evitare un eventuale ibridazione sub-specifica, così come grande attenzione va posta nell’allevamento dei nuovi nati per evitare fenomeni di imprinting e per garantire loro capacità tali da superare ogni difficoltà in ambiente selvatico. A tale scopo gli animali dovrebbero essere allevati alcun tempo in ambiente semiselvatico, in modo da controllare il loro grado di adattamento alle nuove condizioni (ricerca del cibo, di un riparo, difesa dai predatori, eventualmente capacità di accoppiamento, resistenza al freddo, alla siccità, diapausa ecc.).

Promuovere ricerche che giustifichino l’attività dell’OES stesso e ne indirizzino gli sviluppi; promuovere ricerche di base sui rettili e gli anfibi

Tutta l’attività dell’OES, dal momento della sua istituzione, viene descritta in relazioni ufficiali, ma, al di là di queste, ogni progetto da svolgere dovrà preventivamente essere sottoposto all’attenzione degli organi che dovranno approvarlo, così come gli sviluppi ed i risultati saranno pubblicati su riviste scientifiche.

L’idea di base nasce da preventive ricerche che giustifichino l’attenzione verso alcune specie anziché altre, per mezzo dell’evidenziazione di uno stato di pericolo per la stabilità della specie o dell’ecosistema.

In qualche modo legate a queste e comunque costituenti una conoscenza di base, sono le ricerche relative a problemi tassonomici e morfologici. Già alcuni studi hanno, infatti, rivelato che alcune specie potrebbero risultare taxa non ancora descritti e alcune indagini hanno dato contributi notevoli alla conoscenza della biologia e morfometria di alcune specie salentine.

Raccogliere esemplari di fauna esotica accidentalmente introdotti in natura o monitorare le popolazioni di quelli ormai naturalizzati (Centro recupero fauna esotica)

Il collegamento più ovvio che l’OES possa stabilire è con il Rettilario, il CRFE e con i loro scopi. Tra questi assume rilevanza sociale, ecologica, etica e legale l’accoglienza della fauna esotica.

Le linee di condotta nel monitorare ed accogliere la fauna esotica sono state già trattate a proposito del CRFE; ciò che qui è necessario aggiungere è l’aspetto più strettamente biologico, anziché conservazionistico, delle specie in questione. L’OES, in pratica, fornisce i dati e i tempi perché il CRFE intervenga nella soluzione di un problema di introduzione di fauna esotica: stabilire la quantità degli esemplari introdotti, l’accidentalità o volontarietà dell’introduzione, la pericolosità delle specie alloctone nei confronti della fauna locale e dell’incolumità pubblica, l’occupazione di nicchie ecologiche vuote e naturalizzazione delle specie introdotte. In particolare, proprio quest’ultimo punto è di stretta pertinenza dell’OES, non rientrando nei compiti più prammatici e conservazionistici del CRFE. Un caso abbastanza noto anche ai non specialisti e dato dalla ormai trentennale naturalizzazione del camaleonte nel Salento (vd. progetto Analisi distributiva dei Rettili e degli Anfibi salentini). Questo amato rettile si è stabilito senza arrecare nessun danno all’ecosistema o all’uomo e viene costantemente osservato dall’OES. I passi futuri che l’OES intende intraprendere vanno dalla conoscenza del ciclo vitale nel nuovo ambiente, all’inquadramento sistematico a livello di popolazione, all’importanza ecologica che può aver assunto negli anni, alla necessità o meno di suggerire al CRFE azioni di salvaguardia ambientale a suo favore.

Fornire consulenza e assistenza ad enti e privati cittadini

Questo aspetto è ampiamente in comune con il CRFS e il CRFE; qui si sottolinea l’aspetto più teorico, strettamente scientifico dell’OES, rispetto a quello più interventista dei centri recupero. In poche parole l’OES si preoccupa, nei suoi rapporti con enti e cittadini, di fornire indicazioni sulla biologia, ecologia e sistematica delle specie di cui si chiedono notizie, demandando l’accoglienza, il recupero, la reintroduzione in natura o l’allevamento nel Rettilario ai centri di recupero citati.