MSNS
THE VIVARIUM – A NEW CONCEPT

Istruzioni per l’uso ed una felice convivenza – SIETE PREGATI DI LEGGERE

Nasce una nuova concezione di vivere il terrario.
Nella sala dell’acqua del Vivarium del MSNS spiccano, tra le altre, in posizione centrale, quattro grandi vasche che riproducono altrettanti ambienti (biotopi) (palude retrodunale mediterranea; palude tropicale; sottobosco tropicale di foresta allagata; incolto mediterraneo). Le vasche sono aperte, in parte seguendo una tendenza che si è affermata negli ultimi decenni in acquariofilia, ma superandola e perfezionandola: non semplicemente un acquario senza coperchi con alcune piante che sovrastano la superficie dell’acqua, bensì un coinvolgimento completo, dove il visitatore non è spettatore, ma è chiamato ad interagire con la vasca che ha di fronte e l’ambiente che essa rappresenta. La vasca non è semplicemente una teca che riproduce la dimora di una rana o di un serpente (una sorta di prigione dorata), è proprio la sua casa, da cui l’animale potrebbe allontanarsi e ritornare.
Il Vivarium diviene così il grande contenitore di biotopi e animali molto diversi, liberi di sperimentare nuove strade anche alla presenza del visitatore. L’equilibrio di prede e predatori corre su un filo molto sottile e alcuni insetti passano liberamente da vasca a vasca alimentando altri animali o procacciando il proprio cibo.
Così, le libellule nate nella vasca del “retroduna mediterraneo” si sposteranno liberamente per la sale del Vivarium a caccia di insetti, ma saranno a loro volta cacciate da rane e lucertole nelle altre vasche e i ditiscidi, nottetempo, conquisteranno i nuovi luoghi di approvvigionamento alimentare per tornare prima o poi alla loro vasca d’origine.
Qui il visitatore non è più il passeggero dinanzi a vetrine illuminate, ma il pellegrino esterrefatto in un mondo nuovo da esplorare dove si ripete il gioco di amore e morte, finalmente non letto e descritto sui libri o visto in un documentario, ma vissuto in prima persona.
La nuova tecnica, denominata ecologia dei sistemi semichiusi, è stata sperimentata nei laboratori del MSNS e viene ora riproposta in un più ampio e coinvolgente esperimento, quello di cui voi stessi farete parte!
La nuova didattica museale non può più credere solamente al visitatore-spettatore, essa deve coinvolgerlo in un gioco di attività (in senso etimologico, cioè: operazioni attive, dinamiche e coinvolgenti) che lo rendano attore dello spettacolo che si svolge innanzi a lui, per esserne coinvolto e, infine, per darsene una ragione. Ecco, il Museo mette alla sua portata un mondo da toccare e vivere per stimolare la curiosità, il primo motore della conoscenza.

L’ecologia dei sistemi semichiusi
(ovvero, la fantaecologia incontra la scienza)

Che cos’è?
L’Ecologia è la scienza che studia le interazioni degli esseri viventi tra di loro, con la componente abiotica (minerali, rocce, acqua, aria) e con i fattori fisico-chimici (temperatura, umidità, irraggiamento, ecc.).
Il complesso di tutte le interazioni e degli elementi che vi partecipano è detto ecosistema e può avere dimensioni estremamente variabili (un piccolo stagno, un’immensa foresta, tutto il Pianeta).
Un sistema può essere chiuso o aperto.
Si dice chiuso se scambia con l’esterno solo energia; si dice aperto se oltre all’energia scambia con l’esterno anche materia: un ecosistema è un sistema aperto. In natura forse solo il sistema Terra può immaginarsi come chiuso, se si pensano trascurabili gli scambi di materia con il cosmo, soprattutto in relazione alle attività vitali in tempi storici (tralasciamo un improvviso impatto meteorico catastrofico).
Se pensassimo di isolare un ecosistema per renderlo chiuso, prima o poi esaurirebbe la propria capacità di autostabilizzarsi (omeostasi) e la sua componente biotica (piante ed animali) morirebbe. Tale capacità è in stretta relazione con le dimensioni: se isolassimo perfettamente un vaso di fiori sopravvivrebbe pochi giorni o settimane; se isolassimo l’intera Italia, mare compreso, forse sopravvivrebbe alcuni millenni, anche se la sua capacità omeostatica potrebbe andare ben oltre tutte le nostre previsioni. Così, un acquario ben funzionante (che è un sistema aperto, perché riceve scambio di materia in virtù del suo costruttore, demiurgo quasi universale: cambi d’acqua, mangime, nuove piante e potature di vecchie…), potrebbe con estrema semplicità trasformarsi in un sistema chiuso (soltanto per un abbandono di manutenzione): rimarrebbe attivo in virtù della propria resistenza (la capacità di non cedere alle alterazioni: per esempio per un eccesso di ammoniaca disciolta), la quale dipende, tra l’altro, dalle sue dimensioni. Un vecchio acquario, bello grande (diciamo di 500 litri), potrebbe sopportare un abbandono magari di mesi senza danni gravissimi, poi la sua resilienza (la capacità di tornare all’equilibrio dopo un’alterazione) verrebbe meno fino alla morte di ogni organismo.
E i sistemi semichiusi? In ecologia e in natura non esistono (la parola è usata per sistemi di filtraggio e allevamento in acquacoltura, ma hanno poco a che fare con i rapporti ecologici): qui invece, dinanzi a voi, si sta tentando un esperimento eccezionale: proprio la creazione di un sistema semichiuso. Le vasche aperte che vedete riproducono alcuni biotopi (ambienti caratteristici di alcune specie), proprio come farebbero dei comuni terrari o acquari e, proprio come questi, essi vengono riforniti di predatori (soprattutto vertebrati: rettili e anfibi) e prede (soprattutto insetti): sistemi aperti, dunque. Essi, però, sono inseriti in un edificio quasi-isolato dall’esterno e ad un certo punto (quando le prede saranno in grado di riprodursi in numero adeguato da vincere l’ingordigia dei predatori) non si somministrerà più cibo: le prede, in soprannumero, alla conquista di nuovi territori di approvvigionamento, passeranno da vasca in vasca per mantenere stabile il sistema (vittime ignare della catena alimentare) che non scambierà più materia con l’esterno (sistema chiuso). L’apporto di materia dall’esterno dovrebbe essere limitato ai cambi d’acqua: un sistema né proprio chiuso, né proprio aperto: semichiuso, appunto!
L’esperimento è in corso sotto i vostri occhi: riuscirà? Se no, si andrà incontro ad un’involuzione che porterebbe inesorabilmente alla morte (ma noi interverremmo prima!); se sì, sarà necessario descrivere le proprietà emergenti del nuovo sistema: il primo al mondo e voi ne sarete parte!

Attenzione!
Se incontrate in giro per il Vivarium alcuni ospiti (rane e raganelle, lucertole, farfalle, coleotteri, paguri, ecc.), siete pregati di:
1) non urlare
2) non calpestarli
3) segnalarne la presenza ad altri visitatori, affinché non li danneggino accidentalmente
4) comunicarne la presenza ad un addetto del Vivarium
5) (facoltativo, ma molto stimolante!) seguirne le vicende: è uno degli attori dell’esperimento come voi.

Il Vivarium così concepito è anche il simbolo della riappropriazione degli spazi da parte di animali e piante allevati e coltivate senza il loro consenso: una sorta di rivalsa dell’altra Natura, quella di tutti gli altri senza l’uomo. Una sorta di stranezza per immaginare il mondo come sarebbe stato se al bivio dei primi ominidi intelligenti una catastrofe li avesse fatti estinguere prima di dar luogo all’imponente civiltà umana. Un sogno, insomma, tra animali e piante che pensano e si vendicano e un uomo crudele che distrugge… a ben guardare non esistono né gli uni, né l’altro, o forse…

Rettilario

Nato per ospitare al suo interno esemplari di fauna esotica abbandonati, rinvenuti in difficoltà sul territorio italiano o consegnati al centro da privati per impossibilità di detenerli, riveste una grande importanza ed è diventato un punto di riferimento per privati cittadini ed enti pubblici.

Gonyosoma oxycephala – Thailandia

Oggi, grazie ad enormi sacrifici e con l’aiuto di alcuni contributi privati, il museo dispone di un Rettilario in grado di ospitare un buon numero di esemplari di rettili e anfibi originari di tutto il mondo.
Il Rettilario, oltre a provvedere al mantenimento in cattività degli esemplari affidati, svolge una fondamentale azione didattica e di informazione .
Sono stati realizzati terrari e acquaterrari che rispecchiano le caratteristiche ecologiche e ambientali delle specie ospitate.
Giungono anche molti esemplari di specie autoctone, soprattutto ofidi, raccolti spesso ai limiti delle abitazioni. Si offre così un servizio di consulenza relativamente alla loro biologia, ai rapporti con l’uomo e alla loro pericolosità.
Le specie autoctone sono ospitate per un certo periodo di tempo e tenute in osservazione. Alcune di loro, colubro leopardino e cervone, hanno deposto e si sono riprodotte. Sono nati un buon numero di piccoli, che, dopo la prima muta, sono stati reintrodotti in ambiente naturale.

In questo senso il Rettilario svolge un importante ruolo per la salvaguardia delle specie salentine, informando la popolazione sull’importante ruolo ecologico da queste svolto in ambiente naturale.
Il visitatore, quindi, ha la possibilità di osservare e confrontare specie esotiche e autoctone potendosi così soffermare sulla grande varietà di forme e colori e sulla fondamentale importanza di mantenere inalterata la biodiversità degli ambienti naturali.

Il Rettilario serve i due centri di recupero dell’Osservatorio, nati in concomitanza con la sua creazione: il primo, Centro recupero fauna selvatica, ospita esemplari appartenenti all’ erpetofauna salentina, rinvenuti feriti o in ambienti non idonei alla loro sopravvivenza, ad esso è strettamente connesso il Dipartimento di erpetologia del Museo, che, grazie ai dati rilevati sugli esemplari del Centro, ottiene un ulteriore aiuto nello sviluppo di progetti di ricerca.

Il secondo è il Centro di recupero fauna esotica.

La sezione espositiva del Rettilario si sviluppa in due ambienti: la sala dei rettili e la sala dell’acqua, quest’ultima in particolare propone al visitatore una nuova concezione di intendere il Rettilario.

Iguana iguana – Sud America

Insettario

L’insettario è nato nel novembre del 1999, in occasione di una mostra degli invertebrati organizzata dal Museo per diffondere la conoscenza e il rispetto per un aspetto della natura tanto grande quanto misconosciuto. L’idea è venuta dopo la creazione e il successo del Rettilario e con gli stessi scopi fondamentali di questo. Poiché forse una moda, forse, augurabilmente, una passione avevano importato in Italia dal nord Europa e dagli Stati Uniti la voglia di allevare rettili ed anfibi, da lì a qualche anno poteva accadere che si diffondesse anche l’allevamento degli invertebrati. Perché non precorrere i tempi e svolgere, prima che un ruolo di recupero e salvaguardia ambientale, com’era per il rettilario, un ruolo educativo e didattico? Insomma, si trattava, è vero, di invitare in qualche modo il visitatore a tenere degli animali in cattività, ma a patto che fossero rispettate delle regole: sia quelle sul commercio delle specie protette, che quelle, del tutto personali e per ciò più radicali e profonde, di un’etica che, al di là delle leggi, consentisse di allevare un animale, fosse anche il più riluttante, in condizioni che eguagliassero e superassero quelle selvatiche. In genere con tali premesse, l’allevatore per moda e capriccio è scoraggiato sia per le difficoltà tecniche che di manutenzione e solo il vero appassionato affronta un’impresa che, se promette incredibili soddisfazioni, richiede dedizione costante, rinunzie e sacrifici che non tutti hanno tempo e voglia di affrontare.

Così come è stato concepito, l’Insettario è una struttura dinamica, con terrari in continuo riallestimento, qualcuno vuoto in attesa di una schiusa, i più con insetti, miriapodi, molluschi e quant’altro vivi e in buona salute e spesso con più generazioni compresenti. Un’esposizione fissa ed immutabile, infatti, se è improbabile per i vertebrati, è impossibile per animali che hanno un avvicendarsi di vita e morte molto rapido: non inorridisca dunque l’animalista alla vista di qualche locusta o insetto stecco morti, fanno parte delle regole della vita e sono paradossalmente gli elementi più educativi del terrario. La maggior parte degli insetti delle zone a clima temperato hanno una durata della vita limitata ad una stagione e molti insetti tropicali muoiono poco dopo l’accoppiamento. Molto spesso il maschio delle mantidi viene mangiato dalla femmina dopo averla fecondata o durante l’atto stesso; altre specie (i grilli per esempio) evitano il sovrappopolamento eliminando individui deboli con atti di cannibalismo; alcuni Fasmoidei possono mangiarsi (autofagia) qualche zampa senza necessità di nutrirsi: insomma c’è da stilare un bel necrologio. Va da sé che non si possono comprendere gli straordinari aspetti della vita e della morte guardandoli dal nostro limitato punto di vista ed ogni organismo ha una sua ragion d’essere che trascende ogni umana ragionevole spiegazione, ma che è assolutamente necessaria.

Gallery